Dalle vigne friulane ai locali bruxellesi. Una serie inedita di vini di produzione ecosostenibile targata Isola Augusta.

Ci sono pochissimi italiani a Bruxelles che non hanno mai sentito parlare di Piola libri, o che non ci sono mai stati. Se poi si aggiunge all’equazione l’amore per la letteratura nostrana e la passione per il buon vino, questo numero si riduce ancora di più. In breve, difficilmente l’azienda vinicola Isola Augusta avrebbe potuto scegliere un posto migliore per presentare la sua nuova serie di vini, prodotta nel rispetto di una politica ecologica e sostenibile.

Ma partiamo con lo spiegone: lsola Augusta nasce nel 1959, quando il ritrovamento di due bottiglie di vino accuratamente nascoste nella sabbia viene preso da Renzo Bassani come un segno che la zona era naturalmente predisposta ad essere un’azienda vinicola. Decide quindi di rinnovare i vecchi vigneti, opera poi portata avanti dal figlio Massimo, che nel 1972, ancora studente di giurisprudenza, decide di ultimare i lavori di ristrutturazione dei fabbricati. Oggi è il figlio di Massimo – Jacopo Bassani – a portare avanti la tradizione di famiglia, occupandosi principalmente di marketing e comunicazione per Isola Augusta.
Ça va sans dire, dietro la degustazione organizzata a Piola libri a Bruxelles lo scorso 15 novembre, per presentare la nuova e inedita, serie di vini Isola Augusta, c’è proprio lui.

Quando arrivo da Piola l’ambiente sembra già molto promettente. Il solito mélange di dipendenti delle istituzioni europee, universitari, expat ed edonisti di ogni età all’ora dell’aperitivo è arricchito da un grande tavolo di legno ben imbandito, dove un sorridente Jacopo versa vino nei calici e ne spiega le caratteristiche al pubblico variegato che gli si è raccolto intorno.

I Vini

Il primo vino ad incuriosirmi è il Vinovivo, di cui Jacopo mi descrive il singolare profumo di pesca bianca e mela cotogna e l’ottima mineralità. È un vino il cui nome rispecchia quello che era lo slogan dell’azienda già al tempo del fondatore Renzo Bassani, ovvero di produrre un “Vivo Vivo” non pastorizzato, per mantenerne le proprietà organolettiche. Isola Augusta, infatti, fu tra le prime aziende nel Friuli ad abbandonare il processo di pastorizzazione per eliminare i batteri dai propri prodotti. La fortuna di questo vino fu anche determinata dall’amicizia della famiglia Bassani con Luigi Veronelli, ancora oggi considerato una figura centrale nella diffusione del patrimonio enogastronomico italiano.

La versione moderna del Vino Vivo di Isola Augusta è frutto di uno dei tanti assaggi dei vari barriques che Jacopo si è trovato a fare in periodo di chiusura. In questo caso particolare si trattava di un assemblaggio di ribolla gialla e pinot grigio in vasca in cemento, con una bella macerazione, di quasi una trentina di giorni per la ribolla gialla e qualche ora per il pinot grigio. Jacopo resta folgorato da quel gusto deciso, ancestrale, e decide di imbottigliare il vino così com’è – senza filtrarlo – e ne mette in commercio circa 1300 bottiglie. Il successo è stato tale che quest’anno ne hanno dovuto produrre sei volte tanto.

Da buona amante dei bianchi procedo con lo Chardonnay. Profumo molto fine e delicato, all’assaggio risulta secco e ben strutturato, caratterizzato da note di burro, croissant e ananas tipiche dello Chardonnay. Si tratta di un prodotto delle vecchie vigne attive ben 60 anni fa al tempo della prima ristrutturazione dell’azienda. L’invecchiamento avviene in botte per un periodo che va dagli otto ai sedici mesi. Può essere un ottimo vino da aperitivo, ma si sposa bene anche con una cena a base di pesce e risotto agli asparagi, o – giusto per ricordarci che siamo a Bruxelles – con un bel pesce bianco in salsa mousseline.

Facciamo poi il fatidico passo verso i rossi. Jacopo mi fa cominciare con un Refosco dal Peduncolo Rosso. È un riserva del 2018, abbastanza beverino e più versatile a seconda della situazione. Al gusto si mostra fuso vellutato e lievemente tannico, risultato di un invecchiamento che va dagli otto ai quattordici mesi in botti di rovere francese. Ottimo con ogni tipo di carne rossa, favoloso se abbinato a carne di selvaggina.

Arriviamo infine all’Augusteo, 2017, riserva. È un vino più impegnativo, di 14 gradi, caratterizzato da un aroma predominante di ciliegia amarasca e da una buona corposità. Questo particolare vino è il risultato di una vendemmia calda – sempre più frequente in Friuli – che ha portato ad un leggero appassimento in pianta. Si abbina perfettamente sia con carni rosse che con formaggi stagionati. Da includere assolutamente nelle provviste per l’inverno in Belgio, quindi.

La degustazione si chiude con il Verduzzo friulano, perfetto per la chiusura proprio perché è un vino da dessert, anche se di una cena che non c’è mai stata, in questo caso. Molto aromatico, leggermente tannico, appartiene ad una linea un po’ tardiva con leggero appassimento sulle uve. Ha quella classica dolcezza beverina derivante dalla diminuzione dell’acqua, che ne accentua il sapore e le note di miele e fichi secchi.

Un ottimo aroma da portarsi a casa come ultimo assaggio della serata.

Parola d’ordine: ecosostenibilità

La storia di Isola Augusta parte da lontano, ma non per questo bisogna pensare che sia rimasta ferma nel tempo. Infatti, in un periodo in cui l’unico argomento che potrebbe vincere contro la pandemia è quello dell’ecosostenibilità, Isola Augusta è stata selezionata dalla comunità europea tra i due migliori esempi di aziende vinicole ecosostenibili in Europa, insieme al distretto del Chianti. Per questo, sia Jacopo che il padre Massimo sono stati chiamati a parlare dell’azienda e dei loro metodi all’insegna dell’ecosostenibilità in uno degli eventi satelliti organizzati nel contesto della CoP26 di Glasgow. Argomento? Agricoltura locale sostenibile e aziende vinicole verso la neutralità climatica, un obiettivo al quale la famiglia Bassani può certamente aspirare, grazie al sistema di fertirrigazione che consente di sfruttare la falda acquifera per un minore consumo di acqua, e all’impianto fotovoltaico che rende tutta la tenuta indipendente dal punto di vista energetico. L’evento si è tenuto lo scorso 8 novembre, ed è stato anche un’occasione di parlare di vino con certificazione ecosostenibile, nonché di come quella che a molti produttori di vino italiani sembra il fardello di dover investire in nuovi, costosi, metodi di produzione, potrebbe in realtà essere un’opportunità di crescita. Secondo il Nomisma Wine Monitor infatti, il 49% dei consumatori ritiene che il vino biologico sia di migliore qualità, percentuale che arriva al 68% tra quelli che già ne sono acquirenti abituali. Inoltre il 38% afferma di non essere consumatore di questo tipo di vino, solo perché non è facile da trovare nella propria enoteca di fiducia. Infine, un solido 90% conferma di essere disposto a comprare un vino dalla propria azienda vinicola preferita, se essa avesse una linea biologica. In breve, i tempi sembrano maturi per la transizione, resta da vedere se anche lo saranno anche gli addetti ai lavori.

a cura di Martina Sanna

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