I borghi della Valle dell’Aniene, situati all’estremo orientale della provincia di Roma, vantano origini illustri, antiche almeno quanto quelle della vicina Capitale.
Tra questi Affile, già abitato dalle popolazioni italiche degli Equi e degli Ernici fin dall’anno 1000 a.C. e divenuto colonia romana nel 133 a.C., rappresenta per lunghi secoli il centro politico e amministrativo di tutta la Valle.
E’ proprio all’epoca della costituzione della colonia romana che si fanno risalire le prime coltivazioni di vite lungo i pendii della vallata, e sempre a quest’epoca si fa risalire la coniazione del termine “Cesanese”. La tradizione popolare vuole infatti che il termine “Cesanese di Affile” nasca nei luoghi dell’omonima terra, un tempo ricoperta di boschi, dove già da tempi antichi il vitigno veniva impiantato in terreni collinari, che all’occorrenza venivano disboscati; da qui il termine Cesanese, vino prodotto nelle “caesae”, “luoghi dagli alberi tagliati”.
Da questo momento il prezioso vino prodotto ad Affile prende una strada propria e nei secoli successivi si afferma come Cesanese di Affile, vino autoctono dapprima prodotto esclusivamente in questo territorio e poi trasferito nei vicini territorio di Piglio e Olevano Romano, (che oggi producono due versioni di questo stesso vitigno). Numerose sono le leggende che testimoniano la vicinanza di questi territori anche dal punto di vista enologico: si narra infatti che le donne di Affile, promesse spose ai giovani dei paesi vicini, portassero come dote proprio delle barbatelle del prezioso Cesanese, contribuendo così alla diffusione del vitigno e alla sua successiva differenziazione.
Sebbene queste siano solo racconti popolari, essi testimoniano l’importanza da sempre attribuita al vino di Affile, riconosciuto come prodotto unico e raro. A tale unicità hanno da sempre contribuito anche le caratteristiche ambientali, che hanno reso il territorio montano di Affile un’area caratterizzata da un microclima particolarmente favorevole alla vite. Grande importanza dovette infatti rivestire il vino di Affile fin dai tempi di Nerone e di Traiano, (che vollero avere una residenza in questi luoghi), ma non meno l’ebbe nei secoli a venire, quando nel medio evo il famoso vino era ricercato presso nobili signori e prelati ecclesiastici che lo avevano apprezzato nei vicini monasteri benedettini.
Si trova Ulteriore conferma di tanta fama nel seicento, quando il letterato locale Rutilio Scotti, oltre che ricordarne la bontà al palato, ne declama le caratteristiche medicamentose e addirittura soprannaturali nel “resuscitare la morte in ciascun homo”, (questa tradizione curativa del Cesanese è giunta ai nostri tempi, quando fino a qualche decennio fa il vino veniva usato largamente come ricostituente e consigliato dai medici per le virtù salutari che possedeva). Egli, individuando nella viticoltura la principale attività di queste terre, afferma: “gli habitatori la maggior parte vivono sopra tali industrie et in quelle vengono riposti tutti i loro disegni et cosa meravigliosa da considerare come sia possibile che in tali paesi sieno tante vigne che nel tempo della calda Estate, quando hanno le foglie, paiono talmente ornate da quelle, che rappresentano la somiglianza di vaghe et verdeggianti selvotte“.
Risale invece al Settecento la previsione nello Statuto Municipale di Affile di “pene severissime a chiunque avesse avuto l’ardire di recare danno alle vigne, sia per mano d’uomo che per tramite di bestiami”; a conferma di quanto l’intera economia del paese fosse legata alla coltivazione del Cesanese.
Un connubio tra uomo e vite che permane immutato nei secoli, fino alla metà del Novecento, quando si producevano in Affile ben 10.000 quintali di Cesanese all’anno; e testimoniato perfino dalla scelta dello stemma araldico municipale: una tralcio di vite dai grappoli neri e con un aspide attorcigliato lungo il tronco, presente da secoli sullo stemma del Comune. Un riconoscimento da parte del popolo di Affile al prodotto più celebrato delle sue terre, protagonista nel corso dei secoli della notorietà del piccolo abitato. Tanto da ottenere negli anni trenta premi e attestati a Milano a Roma e persino oltralpe, dove nelle esposizioni di Parigi e Bruxelles il Cesanese di Affile si vide assegnata la medaglia d’oro come miglior vino.
Nonostante le vestigia dei secoli passati, a partire dagli anni quaranta per più di mezzo secolo sul Cesanese di Affile cala un velo di silenzio: le pessime condizioni socio economiche del territorio nel periodo postbellico generano il lento e inesorabile abbandono delle vigne. Nel 1973 nasce la doc di Affile, e negli stessi anni vengono costituite anche le altre due, quella di Piglio e di Olevano romano, proprio allo scopo di permettere un recupero e uno sviluppo delle attività legate alla coltivazione del Cesanese di Affile. Ma la posizione dei vigneti ad un altitudine elevata, le difficoltà di lavorazione, la frammentazione delle proprietà , impediscono lo sviluppo di un’attività fiorente attorno al Cesanese di Affile. Nonostante questo la sua coltivazione non si arresta del tutto e rimane viva nella tradizione delle famiglie affilane, che continuano a produrre l’ottimo vino per uso personale o a vantaggio di qualche “forestiero” che passando per queste terre ne rimane affascinato.
Ma ciò non basta a tenere in vita la doc. Nel 2003 nasce così il “Progetto per il recupero e il rilancio del Cesanese di Affile”, voluto fortemente dal Comune di Affile con l’intento di non perdere questo prezioso patrimonio, ricco di secoli di storia. L’idea è quella di consentire di nuovo la produzione del Cesanese di Affile doc attraverso il recupero dei vigneti ancora esistenti e la messa a regime di nuovi. Attorno a questa idea nascono e si sviluppano nuove iniziative imprenditoriali, oggi testimoni della unicità e della grandezza di questo antico vitigno.
Comincia così la rinascita del Cesanese di Affile. Una rinascita fatta di storia, di lavoro, di terra e tradizione
Notizie tecniche sul Cesanese di Affile
Numerosi studiosi concordano nel ritenere che il Cesanese derivi dal gruppo delle antiche “Alveole” descritte da Plinio il Giovane nel libro XIV della Naturalis Historia come fonte di copiose produzioni di vino rosso nelle terre Laziali. Le prime documentazioni storiche in cui viene citato genericamente il “Cesanese” risalgono all’Acerbi, (1825) che lo descrive come un vitigno “atto a produrre un vino generosissimo, acini sferiodi, azzurri, nerastri”. Ma solo successivamente Di Rovasenda (1877) parla di un “Cesanese nero” e, poco più tardi, Mengarini e Mancini (1888) introducono la distinzione tra sottovarietà “Comune” e “Affile” indicandone i principali elementi di riconoscimento esteriore: acino grosso per il “Comune” ed acino più piccolo per l'”Affile”.
Il disciplinare di produzione del Cesanese di Affile doc risale al 1973. La denominazione di origine controllata è riservata al vino ottenuto nel rispetto delle condizioni e dei requisiti stabiliti dal disciplinare che ne regola la produzione. Attualmente il vino viene prodotto in purezza, (100% Cesanese di Affile) nella tipologia asciutto. ll territorio di riferimento della doc è molto piccolo e coincide quasi esclusivamente con il Comune di Affile, da cui prende il nome il vitigno, toccando in parte i territori di Arcinazzo Romano e Roiate. Le vigne, caratterizzate da un terreno calcareo-argilloso, sono collocate tra i 500 e i 700 metri di altezza e godono del sole diretto e delle forti escursioni termiche. L’esposizione assolata e il clima ventilato garantiscono la presenza di un microclima del tutto unico, che da sempre conferisce all’antico vitigno Cesanese di Affile qualità irripetibili, che ben lo differenziano dagli altri vini. Se ne ottiene un prodotto di grande valore, caratterizzato da un colore rosso rubino, da un profumo ampio e intenso in cui prevalgono sentori di frutta rossa, sensazioni speziate e di frutti di bosco, che ben lo abbinano con i piatti della tradizione locale.
Arianna Barile