Gowine 2021, tre cantine si raccontano

Il marchio dell’azienda, non a caso, è una mano. Perché a La Source, 10 ettari nella zona centrale della Val d’Aosta, una delle zone vinicole della regione, tutto è artigianale e in armonia con l’ambiente.

Siamo a St. Pierre, vicini al castello omonimo e a circa otto chilometri da Aosta. La Source nasce nel 2003 dall’esperienza e dalla passione di un gruppo di alcuni giovani agricoltori esperti in campo vinicolo. I vitigni dell’azienda – dove tutto, appunto, viene raccolto a mano – sono coltivati con vitigni nazionali e autoctoni e da essi si ricava un’uva attentamente selezionata.

I titolari dell’azienda , una delle dodici che hanno partecipato a “Go Wine– Cantine d’Italia 2021 all’Hotel Savoy di Roma, seguono direttamente tutte le fasi di produzione, dalla coltivazione alla trasformazione in vino, operazione che viene eseguita con le più moderne tecnologie e nel rispetto della tradizione vinicola valdostana. Tradizione e innovazione, insomma, a La source vanno di vari passo. I vigneti sono posizionati ad un’altezza che varia dai 650 ai 900 metri sul livello del mare, e la viticoltura è quella di montagna, eroica, in perenne lotta – vincente – con quella tipica asprezza un po’ selvaggia che è anche la bellezza del territorio. Tra le etichette, da segnalare è il Petite Arvine, un bianco autoctono dai sentori fruttati e floreali ma allo stesso tempo dal gusto intenso, persistente ed elegante. Invecchiato un anno in acciaio e due anni in bottiglia è invece l’Ensemblo, un blend di Gewurtztrainer, moscato e Mullerthurgau.
Un azienda giovane, La Source, ma già affermata nel mercato estero, con destinazioni privilegiate Giappone ed Usa. In via di pianificazione, invece, la distribuzione in Europa. Andare all’estero è ormai infatti un impegno imprescindibile per le aziende vinicole che vogliono crescere. Soprattutto in una regione, come quella della Val d’Aosta, i cui vini sono per il 70% destinati alla produzione interna: ad apprezzarne il gusto, naturalmente, non sono solo i valdostani, ma anche i numerosissimi turisti che visitano le regione, in prima fila francesi e svizzeri.

Quattro generazioni, una sola parola chiave: “natural balance”, che si traduce nella ricerca costante e continuativa di un’agricoltura sostenibile dal punto di vista ambientale, economico e sociale. Nel cuore delle colline del Prosecco Valdobbiadene D.O.C.G., la cantina La Tordera è una moderna struttura architettonica, in equilibrio tra il lavoro dei vignaioli e il territorio. 1.2 milioni di bottiglie l’anno, il frutto di 70 ettari in un raggio di 30 chilometri.

“Questo ci permette di raccogliere l’uva e portarla in cantina per lavorarla immediatamente, con il risultato di un abbattimento considerevole del livello di solfiti”,

ci spiega Gianluca Agata, dell’area manager. Quantità decisamente minori di solfiti, capsule biocompatibili, bottiglie create appositamente per l’azienda che pesano soltanto 700 grammi e sono composte per oltre l’80% da vetro riciclato.
L’azienda è stata fondata nel 1978 da Pietro Vettoretti e certificata CasaClima Wine.
Il nome dell’azienda viene da una dolce collina, territorio del Cartizze, che anticamente ospitava un roccolo comunemente chiamato Tordera.
Nella stagione autunnale i tordi scendevano dalle vicine montagne in cerca di cibo tra i filari dei vigneti: di qui il nome dell’artura. Oggi, ogni bottiglia La Tordera è siglata con un tordo avvolto nel proprio nido. Tra queste, c’è il Torsè, un rosé brut nato per l’estero ma particolarmente di successo anche in Italia. Il prodotto di riferimento è il Brunei, un brut Valdobbiadene Docg, cui si affiancano l’ l’Otreval zero zuccheri, extrabrut, e il Tittoni, dry.

Dedicare due etichette speciali allo scrittore italoamericano John Fante, con due dei suoi titoli più celebri: “Chiedi alla polvere” e “Aspetta primavera”. E’ la scelta dell’azienda agricola Contesa, dove la linea di vini d’autore si aggiunge a quella classica, emblema della storia della cantina, cui vigneti si stagliano tra le colline pesaresi, lungo le terre fertili e rigogliose di un territorio da sempre vocato alla viticoltura come Collecorvino.

Il Montepulciano d’Abruzzo doc riserva, ad esempio, nasce da una selezione di uve Montepulciano d’Abruzzo. Dopo una lunga macerazione, l’affinamento avviene prima in botti di rovere di Slavonia da 30 hl per circa 30 mesi, poi in bottiglia per ulteriori 6 mesi. Da uve autoctone nasce il pecorino in purezza: grazie alla crio-macerazione e al riposo in acciaio vengono preservate al meglio la mineralità e la freschezza di questo vino. Il toponimo Vigna Corvino è dedicato invece ai vini più giovani, che si caratterizzano per freschezza, fruttuosità e semplicità di struttura.

Michela Nicolais

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