Le “Sbarbatelle” a Roma

Sbarca a Roma il primo evento dedicato alle giovani produttrici italiane e ai loro vini, con “Sbarbatelle” si dà vita ad un’esperienza che va molto al di là delle nostre abituali degustazioni, perché incontra la passione e l’energia di vignaiole, enologhe e imprenditrici che condividono un vero e proprio progetto di vita.

L’appuntamento – sostenuto dall’Associazione Italiana Sommelier Lazio, in collaborazione con AIS Piemonte e che si è svolto domenica presso l’A.Roma lifestyle Hotel, ha visto confluire tante incredibili realtà del nostro territorio…. non nascondiamo, girovagando nei banchi di assaggio, di essere rimasti affascinati, non solo dal frutto del lavoro profuso in vigna, ma soprattutto dalle storie personali narrate dalle giovani donne che hanno scelto di tingere di rosa il mondo del vino.

Come di consueto, ci piace segnalare alcune delle aziende che abbiamo avuto il piacere di conoscere, partendo, questa volta, dal percorso umano prima ancora che dal racconto del bicchiere.

Incontriamo, per prima, Ginevra Coppacchioli che, per riunire le tante anime della sua famiglia trasferite in varie parti del mondo, ha deciso di impiantare a Cupi, luogo della sua infanzia, il vigneto più alto di tutto il centro Italia.

Siamo nel cuore dei monti sibillini, a pochi passi dal bellissimo borgo di Visso e anche uno dei territori più colpiti dal terremoto del 2016, dove Ginevra, con forza e determinazione, ha deciso di recuperare un antico vitigno: il Vissanello.

Si tratta di un Pecorino autoctono della zona, la cui produzioni si era perduta ed è stata riscoperta grazie al ritrovamento di un vecchio vitigno a piede franco, ultracentenario ma ancora produttivo.  Si tratta, senza dubbio, di un vino intenso, incisivo, al naso floreale di fiori bianchi e gialli, ed erbe tipiche di montagna, al palato sapido e persistente, con note minerali.

Proseguendo il nostro viaggio, conosciamo Rebecca Valent, rappresentante della quarta generazione di vignaioli in casa Stajnbech, a cui ci piace associare “L’Enologa”, il nome del suo vino, appena nato ma che già racchiude l’inno di cui vuole farsi portavoce. Un messaggio di equità trasversale a processi e generazioni, vero e proprio sguardo determinato verso il futuro.
Un’idea tutta sua, che ha preso forma lentamente, quasi in sordina, ai tempi degli studi universitari, quando lei stessa, non riuscendo a riconoscersi in un titolo, continuava a definirsi ‘assistente enologo”.

L’Enologa è un blend, ottenuto da uve Tocai e Chardonnay, proveniente dai terreni del Lison Classico DOCG. Ha un colore giallo paglierino, dapprima al naso il Tocai la fa da padrone con la sua mandorla e il glicine, a seguire entra in scena lo Chardonnay, con note fresche di agrumi e ananas. In bocca si presenta equilibrato e persistente.

Alla scoperta delle cantine della Torino DOC, infine, ci imbattiamo nel sorriso contagioso di Julieta, originaria di Mendoza e cresciuta tra i vitigni dell’assolata Argentina, terra di grandi sognatori, che in Italia, nel Moncrivello, ha fondato l’azienda agricola San Martìn, insieme al marito.
Il nome dell’azienda ci riporta al nome del Santo argentino, la cui festa coincide con il momento della raccolta, e a un condottiero, il cui motto “Seràs los que debas o no seràs nada”, è anche l’inno della loro realtà vitivinicola.

Ci portano in assaggio, un intrigante Erbaluce, una versione speziata e mandorlata che si sposa benissimo a tutto pasto, a conferma che anche i bianchi hanno bisogno di tempo in bottiglia, per regalarci grandissime sorprese.

Che dire.. grazie “Sbarbatelle” e a presto…

SDL

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