Rebibbia: 23 detenute diventano Sommelier, presto lavoreranno nella ristorazione

Il 14 aprile 23 detenute del carcere femminile di Rebibbia diventeranno Sommelier. Sta per terminare, infatti, l’apposito corso con diploma abilitante alla professione che ha preso il via qualche mese fa e, tra pochi giorni, ne inizierà un altro destinato al carcere maschile, con 24 partecipanti.

Alla cerimonia di consegna dei Diplomi e l’Intronizzazione delle detenute con la qualifica di Sommelier saranno presenti, oltre a Franco M. Ricci, presidente della Fondazione Italiana Sommelier e presidente del Mondo dei Sommelier, Albano Carrisi – che canterà in loro onore – Paola Severino, già Ministro della Giustizia, oggi Presidente della Fondazione Severino, impegnata nell’ambito degli Istituti di Pena italiani.
Con loro, ci saranno inoltre Carmelo Cantone, sovrintendente delle Case di Pena di 5 Regioni Italiane e la direttrice del Carcere, Alessia Rampazzi. Alle nuove Sommelier è stato offerto un lavoro presso la ristorazione Italiana, una volta terminata la pena. “Questo, nell’ambito della formazione, è un impegno che la Fondazione Italiana Sommelier si assume da sempre e offre al nostro Paese affinché cresca, ma forse dovremmo dire nasca, un’adeguata cultura per il vino, per l’olio, per i prodotti della terra, della nostra Terra”, sottolinea Ricci.

“L’esperienza del carcere – prosegue il presidente Fis – è importantissima, colma di emozioni, sia per i docenti della Fondazione sia per le signore che hanno seguito il corso con un’attenzione e un’intelligenza uniche. Stanno sì apprendendo la degustazione, l’analisi sensoriale, la geografia dei luoghi, dei vigneti, il senso di una produzione diversificata dal Nord al Sud del mondo. Ma anche e soprattutto stanno comprendendo le diversità che il vino offre dal punto di vista emotivo”.

“In un’Italia che si conferma come il più grande Paese del vino del mondo, crediamo di aver offerto gioia, felicità, amore”, conclude Ricci: “non solo una grande opportunità ma soprattutto una formidabile speranza di vita.
Questo, solo il vino e la sua cultura sono in grado di farlo: perché toccano corde profonde”.

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