Wine&Siena: a spasso nel tempo tra i vini toscani

330 aziende, tutte simbolo dell’eccellenza enogastronomica nazionale, ospitate nelle sale con i magnifici soffitti a volta decorati con affreschi quattrocenteschi dell’antico “Spedale” di Santa Maria della Scala, adiacente al Duomo.

E’ lo scenario di cui i visitatori di “Wine&Siena” hanno potuto eccezionalmente godere, per una tre-giorni di assaggi di qualità con il marchio “doc” di Helmut Kocher, patron del Merano Wine Festival, che ha scelto per la settima volta la città simbolo indiscusso della viticoltura toscana per presentare le migliori produzioni enologiche premiate da The WineHunterAward.

Tra i calici provenienti da tutte le regioni italiane, per il nostro percorso nei luoghi in cui i pellegrini medievali percorrevano la via Francigena dal cuore dell’Europa verso Roma abbiamo deciso di privilegiare quelli della regione ospitante. Ne citiamo solo alcune eccellenze, simbolo di una produzione vinicola tra le più famose al mondo a livello di esportazione.

I rossi di Bolgheri. All’inizio degli anni 2000, Franco Ziliani, proprietario della Guido Berlucchi e pioniere della nascita del metodo classico in Franciacorta negli Anni Sessanta, decide di scommettere su un territorio emergente come quello di Bolgheri in Toscana con l’obiettivo di cimentarsi nella realizzazione di grandi vini rossi. La Tenuta si trova nel cuore della Bolgheri DOC e nasce dalla ristrutturazione di un antico feudo venatorio di proprietà della nobile famiglia Della Gherardesca, datato 1868. La proprietà è composta da 23 ettari di vigne suddivise in 4 veri e propri Cru.
Due i vini premiati da TheWineHanter qui a Siena con il massimo riconoscimento: “Ruit Hora” Bolgheri DOC Rosso, fiore all’occhiello della cantina grazie ad un blend di Merlot (60%), Cabernet Sauvignon (5%) e Petit Verdot (5%). Entrambi compiono il processo di vinificazione in acciaio, con fermentazione malolattica e affinamento in barriques di rovere francese per oltre 18 mesi – per il “Ruit Hora” – e oltre 20 mesi per il “Caccia al Piano”, poi almeno altri sei mesi di ulteriore affinamento in bottiglia.

Messaggero degli dei. Si dice che anticamente, dove ora domina la fortezza di Montepulciano, si ergesse un tempio di epoca romanda dedicato al dio Mercurio. E proprio “Montemercurio” è il nome dell’azienda che si estende alle pendici del Tempio di San Biagio, presente a Siena con un suo elegante e raffinato vino nobile di Montepulciano DOCG, “Messaggero” appunto, in onore del dio dai calzari alati che celermente provvedeva a consegnare i messaggi tra gli abitanti dell’Olimpo.
Come questo leggendario personaggio, così il vino di Montemercurio nasce dall’ambizione della famiglia Anselmi di riuscire a trasferire in un bicchiere i sapori e i profumi più autentici e caratteristici delle terre poliziane, seguendo la tradizione inaugurata da Nonno Damo nei primi anni Sessanta. Noi abbiamo degustato il “1990”, Vin Santo di Montepulciano Doc, frutto di vigneti con un’età media di 60 anni, ad un’altitudine di 450 metri. Dal colore giallo ambrato con riflessi aranciati, al naso si rivela un vino complesso dove emergono sentori di frutta secca, fico, scorza di arancia candita e miele. In bocca è un vino molto lungo, persistente, con un finale dolce ma sorretto da una fresca e piacevole vena acida.

Tre generazioni e uno sparviero. Tre generazioni di viticoltori, contagiati dall’amore per una fattoria tenuta acquistata negli anni Settanta da Olindo Andrighetti, nonno di Arrigo e padre di Ada, che nel 1994 ha preso il controllo dell’azienda, nel cuore delle colline del Chianti, per dare vita ufficialmente al Casale dello Sparviero, facendo ripartire tutti i vigneti e adottando un modello di business moderno.
“Quando mio padre, alla metà degli anni ’70, decise di investire in Toscana restai incantata dalla natura che circondava la fattoria”, racconta Ada: “Capii ben presto che dietro ad una bottiglia di vino si nascondeva un mondo di passione e fatica che richiedeva anni per mostrare i propri frutti. La stessa passione tramandata da mio padre Olindo ho cercato di trasmetterla ad Arrigo, mio figlio, fermamente convinta che il nostro lascito passi anche attraverso l’emozione di stappare una bottiglia di Chianti Classico contornati dai propri affetti”. I risultati non si sono fatti attendere: lo dimostrano bottiglie vincenti e premiate come il Chianti Classico DOCG Riserva e il Chianti Classico DOCG Gran Selezione Paranza, entrambi movitigno sangiovese invecchiati in legno, rispettivamente, per 18 mesi e 24 mesi per poi passare in bottiglia altri sei mesi. La tenuta di Casale dello Sparviero comprende le tre località di Campoperi, Casale e Paronza nel comune di Castellina in Chianti, in provincia di Siena. L’edificio più antico della tenuta, quello di Casale, fu costruito durante il IX secolo come torre fortificata per il controllo della zona. Subì modifiche fino al XVII secolo, quando venne convertito in monastero e successivamente in fattoria. Il  vigneto più antico è quello di Paronza, le cui tracce storiche risalgono al 1169.

Radici antiche almeno quanto quelle dell’animale da cui la tenuta prende il nome: lo sparviero, elegante rapace che vive e prolifica in questa terra da tempo immemore e ancora nidifica nelle buche pontaie dell’antico edificio del Casale. Ancora oggi, i piccoli si possono avvistare in primavera.

Michela Nicolais

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