Biologico e simbiotico, ecco il primo distretto della Romagna

In Emilia-Romagna sono i primi. Gli allevatori e i produttori biologici e simbiotici che lavorano la terra e allevano capi di bestiame in Valbidente e nell’alta Valle del Rabbi, nei comuni di Meldola, Civitella di Romagna, Galeata, Santa Sofia e Premilcuore nel Forlivese, sono una cinquantina e dalla scorsa estate hanno dato vita al primo Biodistretto del cibo in regione. I biodistretti in Italia sono oggi oltre 50 e i comuni coinvolti 651 per una superficie totale di quasi 35mila chilometri quadrati. La presenza più ricorrente è in Toscana, Veneto e Sicilia.

Ma cos’è un biodistretto?
Un Biodistretto è un’area geografica naturalmente vocata al biologico nella quale i diversi attori del territorio (agricoltori, privati cittadini, associazioni, operatori turistici e pubbliche amministrazioni) stringono un accordo per la gestione sostenibile delle risorse, puntando su produzioni agricole biologiche che coinvolgono tutti gli anelli delle filiere fino al consumatore.

Lisa Paganelli dal 2016 ha portato avanti con caparbietà questo progetto che adesso vede la luce ufficialmente, con sigillo anche della Regione arrivato a fine 2021, e che permetterà ai prodotti del territorio frutto di questa agricoltura “bio potenziata” di rimanere sulle tavole degli abitanti della vallata.

Ma come si traduce questo in buon cibo?

Attraverso la creazione di filiere che consentano ai produttori reddito garantito per il loro lavoro, e ai consumatori la possibilità di reperire i loro prodotti sul territorio. Prima quindi si è dato il via a diverse produzioni biosimbiotiche, sia fresche che trasformate, grazie all’iniziativa di alcuni produttori biologici, in particolare: ortaggi, pasta, farine di grani antichi e carne bovina, uova, quindi si sono connessi i produttori fra loro per creare vere e proprie filiere.

Cosa significa il termine simbiotico

Il termine simbiotico deriva dal greco antico e significa vivere insieme. Applicato alla materia enologica, il termine simbiotico assume il significato del concetto di armonia tra l’ambiente e l’intervento dell’uomo. Consapevoli che la naturalezza dell’uva dipende dalla tutela dei terreni, molti produttori tendono ad optare per un sistema di fertilizzazione particolarmente equilibrato. Simbiotico sta ad indicare principalmente la biodiversità del sottosuolo. Dall’agricoltura biologica e biodinamica, il futuro passa per l’agricoltura simbiotica: un grande miglioramento produttivo, che vuole rendere le pratiche agricole vitivinicole, ancora più sostenibili da un punto di vista economico. L’agricoltura simbiotica ha come punto cardine l’utilizzo delle micorrize, inoculando nel terreno dei composti microbici, facendo si che le radici si sviluppino con risultati più significativi per i frutti della terra e per l’uomo.

L’imperativo del prossimo futuro è produrre meglio e con sempre meno chimica. In questo senso, la vitivinicoltura simbiotica, può rappresentare una delle risposte più valide ed ambiziose per il settore enologico. Il valore aggiunto che viene così espresso è quello della sostenibilità e della qualità, favorendo le migliori condizioni ambientali per il territorio e anche per le persone.

Quando si può utilizzare il termine simbiotico in ambito enologico?

Da un punto di vista normativo si sta discutendo in ambito nazionale e comunitario di disciplinare la normativa agricola, proiettando il futuro verso l’agricoltura simbiotica. Per migliorare le tecniche produttive, è necessario razionalizzare l’uso della chimica. Una delle tecniche sicuramente più affascinanti è quella di ricorrere all’utilizzo di microorganismi come i biostimolanti delle piante. Sarà dunque necessario un intervento normativo da parte della Comunità Europea, rimuovendo gli ostacoli e le sovrapposizioni, mirando ad incentivare la ricerca e il trasferimento delle conoscenze alle imprese agricole vitivinicole. Questo è il principale obiettivo per il futuro della vitivinicoltura.

Oggi si può utilizzare il termine simbiotico, per identificare un vino caratterizzato da una filiera produttiva orientata verso sempre più rigidi criteri di sostenibilità e di impiego sempre più ridotto della chimica, per l’ottenimento di un prodotto il più sano e naturale possibile.

La filiera certificata del vino da agricoltura biosimbiotica è dell’azienda di Poderi dal Nespoli che opera da capofila per la sperimentazione sulle qualità organolettiche e qualitative delle produzioni vitivinicole del territorio prodotte con questo sistema di agricoltura applicato a una vigna aziendale.
Sarà il frutto della vendemmia 2021 a fornire i primi risultati al termine dopo due anni di vinificazione e affinamento. Le prossime filiere in fase di certificazione saranno quella orticola e quella zootecnica con la produzione di foraggi certificati che già alcune aziende hanno messo in opera come la stessa Bio Valbidente di Lisa Paganelli che alleva per la produzione di carni e Il Boschetto di Premilcuore che alleva bovini per la produzione di latte e formaggi.

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